Come elaborare il lutto

La nostra società non sopporta che si parli di morte e di lutto, parole che sono diventate tabù, non possiamo parlare di questi argomenti senza creare in chi ci ascolta un clima di noia e di malinconia, se non di depressione. Le discussioni in merito sono riservate allo studio dello psicologo. Se vi è un rifiuto della morte e del lutto come devono sentirsi le persone che hanno subito una perdita? Si sentono fuori luogo in una società in cui vige una cultura refrattaria alla morte, che preferisce dimenticare. La nostra società ha perso la saggezza del passato di riconciliare la vita con la morte. Un tempo erano le comunità parrocchiali insieme all’impresa di pompe funebri a preparare il rito funebre. Tutta la comunità si stringeva attorno alle persone in lutto, occupandosi del funerale e perfino di preparare i pasti alle persone in lutto al fine di alleggerirle dalle incombenze quotidiane e farle concentrare sulla propria sofferenza. Vi sono persone colpite dal lutto che dopo aver vissuto i funerali rimangono bloccate nella loro sofferenza fino a sviluppare malessere esistenziale, senso di colpa lancinante e depressione. Questo succede perchè non vivono in maniera adeguata il tempo del distacco. Come affrontarlo adeguatamente? Qui vi scriverò alcuni consigli che ho reperito nel libro ” Scusatemi sono in lutto” (Edizioni Paoline).

Prima di tutto si deve vivere il rito funebre, con la preparazione e l’esposizione della salma, predisponendo una veglia funebre accessibile a parenti e amici. Poi il funerale deve essere personalizzato, con letture ed interventi dei parenti, e con musica adatta. La famiglia deve accompagnare il defunto al cimitero ed assistere alla tumulazione. Se si saltano questi passaggi non ci si renderà conto che il parente è veramente morto.

Dopo lo shock iniziale che durerà due o tre giorni bisogna affrontare la sofferenza, non bisogna tornare alla propria vita facendo finta che non sia successo nulla, non è sano. Bisogna parlare delle circostanze della morte ad amici e conoscenti, più se ne parla, più ci si sfoga. E’ necessario piangere e urlare, il pianto è liberatorio.

Un’ulteriore tappa è la ricerca di un senso della perdita, bisogna trovare un senso alla morte, in questa ricerca ci può aiutare la religione o la filosofia.

Dopo esserci interrogati sul senso e sul significato della morte si deve perdonare il defunto per i suoi errori e chiedere perdono per quelli che abbiamo fatto noi a lui. Ci si può impegnare in un piccolo rito domestico in cui si parla idealmente con il defunto e gli si chiede e gli si accorda il perdono.

Poi bisogna lasciarlo andare, immaginare che sia partito per un viaggio e non pretendere che lui ritorni. Per questa fase ci vorrà un pò di tempo.

La fase conclusiva è: l’eredità. Cosa amava il defunto? Cosa gli piaceva? Cosa sapeva fare? Ora tutte queste sue qualità passano a noi in eredità e dobbiamo appropriarcene, sono nostre. Non dobbiamo lasciarci prendere dal senso di colpa nei confronti del morto pensando che sono cose sue e devono rimanere a noi, sono cose che non devono andare perse, le raccogliamo ed integriamo noi.

Un lutto ben gestito dura circa due anni. Ovviamente questo lasso di tempo è personale, non dobbiamo sentirci male se dopo tre anni siamo ancora in preda alla sofferenza. Ma dobbiamo sforzarci di seguire tutte queste tappe, vivere il dolore ed integrare la perdita nel nostro Sè.

Spero di avervi dato dei consigli utili, per approfondimenti vi suggerisco di leggere il libro, è abbastanza breve e sintetico.

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